La teoria della foresta oscura
Io sono Erica Cariello e quella che stai leggendo è chissenefrega: la newsletter su creatività, digitale e idee — di cui potrebbe potenzialmente non fregarti niente. O forse si.
/ via @martellate_project_ /
Il mio anno di riposo e oblio
In un progetto creativo non c’è niente di più potente che provare, sperimentare e sbagliare. Iniziare e rendersi conto che qualcosa non funziona: persino il proprio approccio al processo. Tant’è che spesso si smette di fare qualcosa perché si pensa che debba essere costantemente all’altezza delle aspettative, altre volte perché non si riesce a tenere il passo con tutto. chissenefrega è sparita dalla tua inbox per diversi mesi, e magari ti sarai anche chiesto se ci fosse stato un errore negli invii o se per caso fosse finita per sempre nell’oblio dello spam. E invece no, non c’era proprio. Io ero lì, con la newsletter sempre per la testa ma troppe cose da gestire, finché non ho capito che prendersi una pausa - che sia pianificata o forzata - non è né un fallimento né una condanna a morte del progetto. Consideriamolo piuttosto come un esperimento di ibernazione digitale, in un certo modo dettato da alcune delle idee che leggerai nel prossimo paragrafo.
Mi rendo conto che sia stato un dispiacere per chi ha da sempre supportato questo appuntamento settimanale perciò se stai leggendo questa puntata, grazie di essere ancora qui. Sono pronta a togliere chissenefrega dal freezer. ♥
La teoria della Foresta Oscura
Ricordo con un po’ di nostalgia i tempi in cui bisognava scegliere un nickname per definire la propria presenza online: Msn e MySpace erano spazi mistici dove ci si ri-battezzava con un nuovo nome, spesso nato da un mix imbarazzante tra keyword e date di nascita [ad esempio, come in pochi ricorderanno, un’esordiente Imprenditrice Digitale era conosciuta come “Diavoletta87” su Duepuntozero]. C’era ancora il privilegio di essere online e sentirsi come quando si va in vacanza in un posto dove non si conosce nessuno: liberi dallo sguardo condizionante degli altri.
Facciamo fast forward di almeno un decennio e la situazione si è completamente ribaltata: Zuckerberg ci ha convinto ad iscriverci sui social con il nostro nome e cognome, e a migrare via via su nuove piattaforme in grado di ‘performare’ meglio, ovvero che possano far crescere la rete e la reputazione. La parola ‘reach’ entra nel gergo comune, esistere e postare diventano quasi sinonimi e si assiste alla massima commistione dei più grandi vizi del ventesimo secolo: esibizionismo e voyeurismo.
Per il futuro ci aspetta un ulteriore step perché “la digitalizzazione è qui per restare”, come ha recentemente scritto Bill Gates sul suo blog. Ha previsto che nei prossimi tre anni la maggior parte dei meeting di lavoro si sposteranno in uno spazio 3D con avatar digitali: il Metaverso — la nuova promessa della Silicon Valley. “L'idea è che alla fine utilizzerai il tuo avatar per incontrare persone in uno spazio virtuale che replica la sensazione di essere in una stanza reale con loro”, spiega il fondatore di Microsoft. Il digitale diventerà più reale che mai e il fascino di quel nickname su MySpace inizierà ad appartenere ad un’altra era geologica.
Dove sono finiti gli spazi grigi della rete in cui potevamo sentirci come un turista sconosciuto in vacanza? Cercando di rispondere a questa domanda ho recuperato un essay del 2019 di Yancey Strickler - mai così attuale - sulla lotta per essere se stesso online e dei problemi dell’abbandonare i canali mainstream. La Teoria della Foresta Oscura, riprende il nome da Liu Cixin, autore della trilogia sci-fi The Three Body Problem. La spiega in parole semplici:
“Immagina una foresta oscura di notte. È mortalmente silenzioso. Niente si muove. Questo potrebbe portare a presumere che la foresta sia priva di vita. Ma ovviamente non lo è. La foresta oscura è piena di vita. È tranquillo perché la notte è quando escono i predatori. Per sopravvivere, gli animali restano in silenzio”.
Nel suo articolo, Strickler parla del suo ritiro lontano dagli spazi aperti di Facebook e Twitter, luoghi troppo pericolosi per essere il vero se stesso. Gli svantaggi di dire qualcosa di sbagliato o ricevere attenzioni indesiderate non sembravano più valerne la pena. Strickler non voleva la massima audience possibile, ma il massimo comfort digitale.
Per crearlo, ha optato per spazi digitali più sicuri in cui condividere i propri pensieri, nascosti dalla vista pubblica delle piattaforme social. Sicuri, nel senso che in quei nuovi spazi avrebbe potuto condividere o esplorare idee senza preoccuparsi di essere giudicato, e senza mettere la propria reputazione alla sbarra. E molta gente ha iniziato a farlo: ad essere silenziosi negli spazi pubblici, per salvare i pensieri, le idee più vere, per piccoli gruppi, podcast, o newsletter che avrebbero seguito solo poche persone, lontano dal campo di battaglia dell’Internet.
Le Foreste Oscure crescono perché forniscono copertura psicologica e reputazionale. Ci permettono di essere noi stessi perché sappiamo chi altro c'è nella foresta. Rispetto allo stile di comunicazione del mercato libero dei canali di massa - con i loro rischi elevati, ricompense elevate e moderazione limitata - gli spazi della foresta oscura sono più accoglienti nei loro valori e nella sicurezza sociale ed emotiva che forniscono. Lo svantaggio è di avere un aspetto meno curato, ma dove poter condividere le nostre peggiori battute.
What’s next
Ok lo ammetto — ho scelto un timing un po’ strano per tornare a pubblicare, ma l’importante è ricominciare, no? Eviterò di intasarti la casella mail durante Natale e Capodanno: la prossima puntata uscirà l’8 Gennaio 2022 e ci saranno un paio di soprese. A presto! ♥