Io sono Erica Cariello e quella che stai leggendo è chissenefrega — la newletter di insight settimanali di cui potrebbe potenzialmente non fregarti niente.
Questo weekend è prevista pioggia in tutta Italia: se ti annoi a casa puoi leggere l’archivio delle vecchie puntate. Se invece vuoi dare fiducia a chi ti ha girato questo link, puoi iscriverti e ricevere le prossime puntate da sabato. Altrimenti, chissenefrega.
art via @tyler_spangler
Ops, I did it again
Poche volte nella vita ti maledici come quando ti cade l’Iphone — per l’ennesima volta ma ti rendi conto che sarà l’ultima — e nella tua mente ti passano davanti tutti i file non backuppati che da troppe settimane ti promettevi di salvare.
A questo giro è successo a me (breve momento piantino) con una conseguente disconnessione dal mondo digitale per un paio di giorni, in attesa di un device sostitutivo. Lo ammetto: ne ho approfittato. E non è stato affatto male.
C’entra poco il fatto che abbia guardato il documentario hype del momento — si, parlo di The Social Dilemma — già commentato da troppi per aggiungere anche il mio “niente di che”. Anche se, ad essere onesta, ci ho trovato degli spunti di riflessione. Il fatto che “ se non stai pagando per un prodotto, il prodotto sei tu”, lo sapevamo già da qualche tempo (pronto? c’è nessuno in questi cervelli?), mentre sarebbe interessante approfondire quale approccio ai social, e in generale ai device, possa essere considerato sano. Ne scrivevo qualche tempo fa in Sul sacrosanto diritto di essere offline, in un periodo di esperimenti di disconnessione forzata.
Il succo di tutto il discorso ( e quello su cui in molti del settore stanno spingendo) è la rieducazione alla presenza digitale su più livelli, sia per come lo usiamo che per come ci rapportiamo ad esso, per arrivare a “rinegoziazione cosa significa essere sociali nell’era delle piattaforme”.
L’equazione inizia a complicarsi, a mio modesto parere, se calata nel contesto lavorativo. Mi occupo di progetti digitali e per anni ho riscontrato alcuni problemi legati all’ansia da email (che terminavano rigorosamente con asap) e in più in generale alla costante iper-connessione. Penso a molti colleghi — o in generale a chi lavora nella creatività di qualsiasi sorta o legata al digitale — che sviluppano progetti creativi socially-led e che ogni giorno sono immersi nel flusso, al passo con ogni nuova uscita giornaliera. E che non possono del tutto dire “scusate sparisco dall’internet, ciao”. Come si fa a imporsi dei limiti quando il lavoro, oltre alla socialità e al tempo libero, dipende da quello che vedi sul telefono?
E a proposito di campagne, quella che segue è una rassegna stampa con news e spunti che ho apprezzato. Forse ne avrai già letta qualcuna mentre io ero offline. Ops.
IN CASE YOU MISSED IT
La rassegna digitale della settimana
1.
Su qualsiasi altra rivista questa pubblicità sarebbe troppo lunga
Un bell’esempio di come la simbiosi tra contenitore e contenuto renda il messaggio efficace. Il caso di Nen, il nuovo player nel settore dell'energia che sta enfatizzando il suo posizionamento attraverso una comunicazione diretta, giovane e onesta. Su Internazionale mette in scena una chicca di branded content, con un elogio alla lunghezza dei testi e agli articoli lunghi (quelli di Internazionale).
2.
Vote the assholes out
Sono fan di Patagonia, per i prodotti e per i valori che trasmettono. Il brand ha lanciato una campagna — "Vote the assholes out" contro i politici sordi alle questioni del climate change — in cui è stato deciso di inserire delle etichette con lo slogan all’interno di una serie di shorts appena lanciati. E piuttosto che gridarlo in faccia, hanno deciso che fosse il cliente a scoprire direttamente il messaggio.
3.
Un titolo non racconta l’intera storia
È l’esperimento di Twitter che ha creato un banner che avvertiva l'utente intento a condividere un pezzo senza averlo prima letto. Il risultato: +40% di click sugli articoli.
4.
Extremely short notice
La chicca della settimana, a mio parere. Un “Interactive Noir for Internal Creatives”, ovvero quello che è successo a quasi tutti i creativi in un venerdì funesto: il brief delle 17.57. Deliziosamente raccontato in questo post.
Per questa puntata è tutto.
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