Come non fare niente
Su oziofobia, meditazione e su come il riposo è diventato controcultura nell'economia dell'attenzione
Bello rivederti!
Eccoti su Chissenefrega, la newsletter su creatività, digitale e cultural insights di cui potrebbe potenzialmente non fregarti niente.
2,363 persone sono iscritte oggi alla newsletter: grazie!
Per chi è nuovo da queste parti, io sono Erica Cariello e sono una creative strategist e copywriter indipendente. Ho lavorato a lungo per un editore (senza che ti dico quale, c’è già Linkedin a farlo), oggi collaboro con agenzie o brand per trovare idee con un twist e le parole giuste per raccontarle. Tra i lavori che mi hanno divertito di più ci sono una paio di campagne pubblicitarie - come Milano zero sbatti x Uber - ma anche articoli per alcuni magazine che mi hanno invitata come contributor.
Tutto questo è successo anche grazie a questa newsletter inaugurata a marzo 2020 (già tre anni fa?) mentre ero in cerca di un orto digitale dove poter condividere le mie ispirazioni e ricerche in ambito creativo. È questo quello che troverai nelle puntate di Chissenefrega: a volte progetti e case history, a volte approfondimenti su creatività, digitale, miglioramento personale, produttività e benessere per menti creative.
Se questa email ti è stata inoltrata e non vuoi perderti le prossime, iscriviti qui:
Come non fare niente
Nel 2008 gli impiegati di un ufficio della revisione Deloitte furono turbati dal comportamento di una nuova assunta. Nel caos di un ambiente di lavoro frenetico, lei sembrava non fare niente se non stare seduta ad una scrivania vuota a guardare nel nulla. Se qualcuno le chiedeva cosa stesse facendo, rispondeva che “stava lavorando mentalmente” o che “lavorava alla tesi”. Un giorno, invece, passò tutto il tempo a salire e scendere con gli ascensori. Quando un collega la vide e le chiese se stesse ancora pensando, rispose: “Mi aiuta a vedere le cose da una prospettiva diversa. Sentendosi a disagio, i dipendenti inviarono una serie di email interne urgenti e scandalizzate.
Ne risultò che lo staff aveva involontariamente preso parte ad una performance intitolata The Trainee. L’impiegata nullafacente era Pilvi Takala, un’artista finlandese nota per video in cui, senza dire nulla, minaccia norme sociali con semplici azioni. Come osservato da uno scrittore alla Pumphouse Gallery, che esibì l’opera nel 2017 [in questa pagina si può vedere la performance completa], non c’è di per sé niente di strano nell’idea di non lavorare mentre si è a lavoro ma “apparire come una persona che non fa niente rappresenta una minaccia all’ordine lavorativo generale dell’azienda e crea un senso di ignoto”, scrisse, aggiungendo solennemente: ”il potenziale del niente è tutto”.
Come scrive l’artista: “Ciò che provoca le persone di questo non fare, al di là della stranezza, è l'elemento di resistenza. La persona che non fa non è impegnata in alcuna attività, quindi ha il potenziale per qualsiasi cosa. È il non fare che non ha posto nell'ordine generale delle cose, e quindi è una minaccia all'ordine. È facile sradicare qualsiasi attività anti-ordine in corso, ma il potenziale per qualsiasi cosa è uno stimolo continuo senza soluzione.” Anche Tricia Hersey, attivista e founder di Nap Ministery, sostiene che il riposo è resistenza. In un mondo incentrato sulla crescita, l'efficienza e l'ottimizzazione, il riposo diventa contro cultura. E in una cultura del consumo e nell'economia dell'attenzione, il riposo diventa una forma di resistenza. L'idea del riposo come resistenza e del riposo come riparazione può essere difficile da raccontare in poche righe. È contro intuitivo credere che il riposo non sia un modo in cui perdere tempo, ma piuttosto un luogo generativo di libertà. Semplicemente non abbiamo mai imparato che il riposo non è un lusso.
Uno psicologo spagnolo, Rafael Santandreu, utilizza il termine ‘oziofobia’, definendola la ‘paura di avere tempo libero’, o ‘di non avere nulla da fare’. Eppure “Presso gli antichi Romani l’otium era il tempo libero dai negotia (le occupazioni della vita politica e gli affari pubblici), dedicato alle cure domestiche, alla contemplazione, agli studi e alle arti. Era il tempo in cui l’uomo creava (altro che produrre!) tutta quella bellezza di cui ancora possiamo godere”.
Quando si parla di creatività, la maggior parte delle persone pensa solo a come stimolarla leggendo di più, uscendo di più, ascoltando musica più spesso, parlando con persone più interessanti o facendo più ricerche. L'elenco è infinito e spesso implica fare "di più". Tuttavia, questo approccio è esattamente ciò che ostacola la creatività in primo luogo.
Ha fatto un bel giro sui social la citazione di Austin Kleon: “le persone creative hanno bisogno di tempo per sedersi e non fare nulla. Mi vengono alcune delle idee migliori quando mi annoio, motivo per cui non porto mai le mie camicie in lavanderia. Adoro stirare le mie camicie, è così noioso, mi vengono quasi sempre buone idee. Se sei a corto di idee, lava i piatti. Fai una passeggiata davvero lunga. Fissa un punto sul muro il più a lungo possibile. (Grazie Austin, fosse facile. NdA)
Ma è davvero ‘niente’?
Mi piace pensare, più che alla parola ‘niente‘, che suona così negativa (chissà perché) alla parola ‘pausa’. Intensa come spazio tra un pensiero e l’altro, un progetto e l’altro, come a un allungare il ritmo rispetto ai pensieri.
Il mestiere creativo è associato al fare, combinare, dare vita — è qualcosa di estremamente attivo. È senza dubbio più difficile convincere il cervello a svolgere un buon lavoro creativo quando è scarico dopo 7 o 8 ore consecutive di lavoro, soprattutto quando il tuo lavoro richiede complesse capacità di risoluzione dei problemi. La stanchezza ci rende insensibili.
Con quel ‘niente’ si intende non svegliarsi al mattino pensando immediatamente ai progetti non appena si aprono gli occhi, alla lista di cose da fare, a come promuoverle, migliorarle, a chi coinvolgere. Al non rimanere sopraffatto dalle idee che, quando arrivano, ti travolgono.
Avrai notato qualche mia assenza da queste parti, le cause sono tante; la prima è che sto sviluppando in parallelo un progetto su esperienze di benessere (te ne parlo in fondo) e perché ho spesso la necessità del vuoto. Lo stesso di cui parla David Lynch nel suo libro In Acque Profonde, composto da tante brevi riflessioni sul cinema, sulla meditazione e sul potere dell'energia inconscia. Lynch, che pratica la meditazione da tanti anni, parla con chiarezza e coinvolgimento dei benefici ineguagliabili di questa pratica, necessari non solo per perseguire una calma interiore ed una chiarezza personale, quanto piuttosto per liberare l'energia più profonda e misteriosa che serbiamo dentro di noi. Ed è da questa energia che lo stesso Lynch attinge prezioso materiale per le sue sceneggiature.
Meditare può essere un atto difficile per una mente non abituata a stare nel qui, ma è un allenamento tanto quanto lo è lo scrivere ogni giorno, correre, leggere, imparare. Solo che per questo ci sembra di non avere mai abbastanza tempo, anche se c’è.
*questa puntata è stata ispirata dal libro “Come non fare niente. Resistere all’economia dell’attenzione” di Jenny Odell (Hoepli)
off topic ma mica tanto — Ho passato gli ultimi mesi a sviluppare un (nuovo) side project personale: si chiama ease ed è dedicato a eventi di benessere e self-care. Ci occupiamo di workshop e retreat residenziali che combinano esperienze di yoga, movimento, stile di vita sano, outdoor e cibo naturale. La visione dietro al progetto è di come il mondo del benessere dovrebbe essere: esplorativo, divertente e accessibile. Se ti interessa approfondire puoi farlo su Instagram: abbiamo appena lanciato un retreat residenziale a Pasqua sui Colli Piacentini, dedicato a chi ha bisogno di prendersi una pausa e riscoprirsi in pratiche per corpo e mente. L’evento è aperto a praticanti di tutti i livelli e tanti brand, belle persone e amici ci stanno sostenendo in questo progetto. Per avere più info scrivi a easemovementstudio@gmail.com, le iscrizioni sono aperte fino al 15 marzo 👋
Bonus tracks
→ Una bella intervista a Vigorelli su Rolling Stones, «Noi pubblicitari eravamo dei rocker, oggi vedo in giro solo degli impiegati»
→ Sei benefici per introdurre la meditazione sul posto di lavoro
→ Super questa puntata di
Mi chiamo Erica Cariello e lavoro come Creative Strategist e Copywriter freelance. Compro molti più libri di quelli che riesco a leggere. Ho il sogno di scriverne uno. Insegno yoga e meditazione, scatto in pellicola, e sono sempre alla ricerca di idee e risorse per guidare la creatività. Chissenefrega è il mio spazio per condividerne una parte.
Pensi che possa essere la persona giusta per un progetto? → Sono qui per ascoltarti
Archivio | Instagram | Il mio sito | LinkedIn| Newsletterati
Wow, che bello comparire dentro chissenefrega! E che puntata super questa sullo spazio della pausa necessario alla creatività: è come nella lettura ad alta voce, la pausa è il ritmo più importante di tutti, quello che serve a fare funzionare tutti gli altri e che tiene insieme la narrazione.
Le vite intasate di cui parli mi hanno ricordato anche un bel pezzo scritto di recente da Ferdinando Cotugno su Marie Claire ("Forse alla fine non cambieremo la nostra società perché siamo esausti").
E mi sa che il libro di David Lynch (sempre sia lodato) devo proprio leggerlo, l'aveva citato anche Martino Pietropoli nella puntata 34 del suo Pensiero Lungo qui su Substack.
Non so (ancora) chi sei ma una newsletter che si chiama Chissenefrega merita la mia attenzione!