Quella che stai leggendo è chissenefrega: la newsletter su creatività, digitale e cultural insights di cui potrebbe potenzialmente non fregarti niente. O forse si.
Io sono Erica Cariello e lavoro come creative strategist freelance. Collaboro con agenzie e brand alla creazione di progetti di comunicazione integrati e campagne pubblicitarie.
Due sabati fa ho parlato dello spot di Amazon Alexa, e di come sarebbe se potesse leggere nella nostra mente. Oggi lancio un tema caldo per molti creativi.
via @jessicavwalsh
Se la creatività evapora
Qualche giorno fa su Instagram ho indagato tra i miei contatti quali fossero le sensazioni attorno a quello che negli ultimi anni è diventato un argomento caldo tra i professionisti nel mio settore: il creative bornout.
Il ritmo del mondo sta accelerando, e sempre più persone si sentono stressate e sopraffatte fino a sperimentare l’esaurimento fisico, mentale ed emotivo. “Mi sento come un vaso traboccante a cui continui ad aggiungere acqua” mi scrive Maddalena, brand e communication manager. Ognuno di noi potrebbe descriverlo in un modo diverso: io lo paragonerei ad una pentola d’acqua che bolle (la mia testa) e che fa uscire tutto il vapore (la creatività). In quei casi, cerco di abbassare la fiamma, tenendola al minimo, se non spegnendola del tutto. Ma rendo conto che di questi tempi non è facile rimanere impermeabile alla quantità di notizie che arrivano dal mondo, e che ho l’impressione di sentirmi quasi in colpa mentre il mio feed alterna video estetici e divertenti a immagini di guerra, come se lo show stesse andando avanti perché la macchina dell’informazione, da un lato, e dell’entertainment, dall’altro, non potessero fermarsi.
Burnout 101
Il burnout non è un concetto nuovo. Coniato nel 1974 dallo psicologo americano Herbert Freudenberger, si riferisce a una reazione psicologica allo stress eccessivo per un periodo di tempo prolungato, che colpisce sia la salute fisica che quella mentale attraverso sintomi come l'esaurimento. Per le persone che lavorano in ambito creativo, è la sensazione di aver prosciugato tutta la propria creatività e che non ne sia rimasto più nulla.
Come scrive il filosofo Byung-Chul Han in Società della stanchezza, quella del XXI secolo è una società della prestazione e i suoi cittadini sono imprenditori di se stessi. È una società che si sottrae alla negatività e che si muove verso il carattere della positività: del poter-fare. L’economia capitalista assolutizza la sopravvivenza. Essa si nutre dell’illusione che più capitale produrrebbe più vita, e più capacità di vivere. Per poter funzionare meglio, ci ottimizziamo. Sfruttiamo noi stessi nel modo più efficace: tenendoci aperti a tutto, flessibili, produttivi. Secondo l’autore, il bornout è una conseguenza patologica di uno auto-sfruttamento volontario. L’imperativo di ampliare, trasformare e reinventare la persona - presuppone un’offerta di prodotti legati all’identità. Ci si impiglia in un irraggiungibile Io-ideale , e ne viene logorato.
Troppa roba nel piatto desk
La creatività può essere suddivisa in quattro componenti: memoria, flusso, pensiero convergente e pensiero divergente. Quando uno di questi viene interrotto, può creare un ostacolo allo sviluppo di nuove idee o progetti. È un processo fragile: ha bisogno di essere alimentato a sufficienza, ma non troppo, perché consumare una quantità eccessiva di informazioni può distruggerne il delicato equilibrio.
Tra le cause dell’esaurimento ci sono stress sul lavoro, un equilibrio malsano tra lavoro e vita privata, aspettative irraggiungibili, brief poco chiari, frustranti follow-up con i clienti e compiti monotoni. “La vera castrazione creativa è arrivata in un momento di pressione con tempi brevissimi in cui venivano richiesti risultati immediati. Mentre il processo creativo non di comanda, le cose belle necessitano di tempo e delicatezza” mi racconta Marco, product designer che ha lavorato in ambito creativo su moltissimi fronti.
A dirla tutta, c'è differenza tra il burnout creativo e il blocco creativo. Sentirsi impantanati, di tanto in tanto, quando si lavora su un progetto è perfettamente normale, mentre il bornout ha dei risvolti sintomatici specifici. Il primo è, paradossalmente, l’euforia: ci si precipita euforicamente nel lavoro e, alla fine, si crolla. Seguono poi procrastinazione, immotivata stanchezza fisica, irritabilità, insicurezza, eccessivo consumo di contenuti, mancanza di concentrazione.
Trovare vie d’uscita
La creatività non avviene nel vuoto. È una pratica continua e dal bornout creativo se ne esce rimuovendo la complessità non necessaria dal nostro approccio, con alcuni accorgimenti.
Prendersi una pausa. Detta così sembra facile, ma scendere dalla giostra non sempre lo è. Intendo prendersi una vera pausa, non solo una passeggiata. Usare il tempo per fare cose che non hanno nulla a che fare con il lavoro, senza sentirsi in colpa. Quando organizzi la tua settimana lavorativa, non dimenticare di pianificare dei tempi di inattività per rilassarti. Se sei un libero professionista, dovresti anche tenerne conto nelle tue quotazioni: se si tratta di un lavoro di due giorni, non significa necessariamente che dovresti consegnare in due giorni. Fare una pausa non è tempo perso.
Accettare i periodi no. Anche quando si tratta di burnout, l'accettazione è il primo passo verso il recupero. Secondo il graphic artist Mirko, è un processo gentile e in cui mettere a fuoco la situazione. “Con pazienza, senza darmi colpe irrazionali o cercando di non fomentare ansie che poi, alla fine, aumentano il blocco. Spesso penso che il mio lavoro, che ci sia o non ci sia, non farà la vera differenza su questo pianeta. Questo pensiero mi ridimensiona e mi distoglie dalla paura di sbagliare.”
Concentrarsi sulla creatività non produttiva. Creare per il puro gusto di farlo, senza un vero fine o pensare se e quando quell’idea possa essere di successo. Da rivedere il Ted Talk del 2018 di Tim Brown: tales of creativity and play.
Rimettere in discussione l’ambiente. Anche gli elementi pratici contano e potrebbe valere la pena analizzare l’ambiente in cui stai cercando di essere creativo. È pieno di distrazioni? È in qualche modo scomodo? In tal caso, progetta deliberatamente un ambiente che favorisca la tua creatività. E, se possibile, anche solo per un breve periodo, evita persone che parlano solo di lavoro, risultati e progetti.
Abitudini, routine, rituali. Hanno tutti diversi livelli di intenzionalità e sono utili per sentirsi equilibrati e in controllo. Gestisci le tue abitudini, mantieni le tue routine e crea nuovi rituali significativi per connetterti meglio con il tuo io interiore. Se c’è un ‘attività che ti fa stare bene - nel mio caso, lo yoga - costruisci la tua giornata in base a quello, senza rinunciarci a causa del lavoro troppo intenso.
Gestire la dieta di informazioni. Un approccio consapevole al consumo dei contenuti riguarda la gestione della quantità e della qualità dei contenuti che consumi. Il contenuto che consumi è nutriente, stimolante per la curiosità e la crescita personale? O è drenante e ansiogeno? A volte, un periodo offline è un’ottima idea.
Ti è mai capitato di sentire che tutta la tua creatività si fosse esaurita? Se ti va, parliamone — sono curiosa di sentire la tua storia.