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art via Ana Montiel
Su produttività, progetti e surf
Ho concluso l’ultima puntata con un compito estivo che sembra semplice: non fare proprio niente. L’obiettivo è praticare l’attenzione rilassata — quella che stimola la creatività e l’immaginazione — e di lasciare spazio ad azioni semplici e non necessariamente finalizzate a qualcos’altro.
Anche quando compiamo delle attività che potrebbero sembrare insignificanti o poco redditizie, è ugualmente produttivo prendersi cura di noi stessi. Togliendo l’autopilota e ascoltando i propri bisogni essenziali.
Ma è di nuovo settembre e quello della produttività torna ad essere un argomento delicato, perché si ha voglia di mettere in cantiere le idee che sono emerse e, al tempo stesso, coincide con quella sottile idea di non star facendo mai abbastanza, che contribuisce a plasmare le strategie che si utilizzano per affrontare sfide e progetti.
Il modello di produttività tradizionale si basa su un processo semplice: definire gli obiettivi da raggiungere con determinazione e assoluta focalizzazione delle energie. Significa individuare gli ostacoli che si incontrano sul percorso e combattere i nemici che lo ostacolano. Il problema è che la vita di una persona che applica questo processo alla lettera assomiglia spesso un incontro di boxe e spesso non porta a sentirsi appagati. La fame di conquiste esterne è insaziabile perché in realtà non le desideriamo, o non ne abbiamo veramente bisogno. Per questo non basta mai e molto spesso i risultati non arrivano. Anche se si prova e si riprova.
La teoria della quiete creativa è quella che i maestri taoisti chiamano “wu wei”: un’azione basata non su uno sforzo ambizioso e risoluto, ma soltanto sull’essere. Invece di focalizzarsi su un obiettivo fisso predeterminato, si cerca di sentire in quale direzione vanno le cose e il modo migliore in cui ci si può inserire. È come nel surf o nelle arti marziali: la strategia è concentrarsi sul processo piuttosto che sul risultato. Le azioni non sono egocentriche, esclusive e competitive, come quando si perseguono obiettivi personali, ma comprensive e sinergiche. E pare che quando si è capaci di affrontare la vita in questo modo, si riesce a realizzare di più e con meno sforzo.
Sull’argomento: Stanislav Grof, Quando accade l’impossibile
IN CASE YOU MISSED IT
La rassegna digitale della settimana
1.
A proposito di surf, questa foto di Guindani per me è poesia.
2.
Per chi già non lo conoscesse, @ereditafutura è un profilo che racconta di “Storie. Cose. Luoghi. Persone. Progetti.” con un focus sulla sostenibilità e realtà indipendenti.
3.
Su come il nuovo catalogo Ikea racconti il modo di vivere dopo il lockdown: dormire è il nuovo sesso, mille soluzioni per lavorare da casa, salotti invasi dai bambini, imparare a cucinare, sostenibilità in tutte le salse, e una modifica semantica sul vivere la casa invece di abitarla. / L’articolo di Michele Boroni su Linkiesta.
4.
Chiara aka @rougeroar ha iniziato qualche tempo fa il progetto fotografico Hai quasi trent’anni, intervistando un campione di “quasi trentenni” alle prese con riflessioni sociologiche e generazionali. Consiglio di seguirla per vedere il risultato finale. Ho partecipato anche io.
Per questa puntata è tutto.
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