Io sono Erica Cariello e quella che stai leggendo è chissenefrega — la newsletter di cui potrebbe potenzialmente non fregarti niente.
Nella scorsa puntata ho parlato di tempo. Sarò breve: avrei solo bisogno di un teletrasporto.
Mash-up cosmico
Questa settimana hanno risolto il mistero del monolite ritrovato nel deserto dello Utah. Ikea ha smesso di pubblicare il suo catalogo cartaceo per essere più sostenibile ma ha pubblicato il suo archivio dal 1950 a oggi. Il team Artemis riporterà l’America sulla Luna, forse già nel 2024. E io sono qui che penso soltanto alle vacanze.
Questa settimana, lo ammetto, sono un po’ stanca ma ti lascio qualche spunto che volevo mettere in newsletter. Se vuoi facciamo al contrario: mandarmi qualcosa di interessante e di cui potenzialmente non potrebbe fregarmi niente.
I love the feeling of entering the unknown. You have to allow yourself a lot of mistakes, and then when you get it right, it’s so rewarding.
— Björk on nature and technology, in un’intervista del 2016.
Ouranìa / disponibile su prenotazione, in arrivo per Natale per gli ordini fino al 16 dicembre
Direzione Ouranìa
Col suo titolo narra il dualismo tra realtà e immaginazione, spaziando tra citazioni: il premio letterario e la collana di libri di fantascienza si alternano, infatti, all'omonima Musa greca. Ouranìa è un vademecum per tellurici astronauti, una fanzine di viaggio nello spazio creata da un quartetto di autostoppisti intergalattici - Celeste Valenti, Prisca Maizzi, Marta Marinotti e Francesco Arena Chartroux - e stampato da Tipografia Reali con il supporto di Tipografia Mistero.
Questo progetto è nato con l’obiettivo di creare un contenitore dinamico e interattivo di ispirazione creativa che permettesse agli “astronauti” lettori di produrre a loro volta immagini, parole, pensieri. Per perdersi con lo sguardo tra le stelle.
Ouranìa è un viaggio nello spazio. A chi è dedicato?
C: “Il viaggio spaziale di Ouranìa è dedicato a tutte le persone che condividono la passione per le grandi domande, per la ricerca di un significato profondo nel quotidiano, per le realtà che non si toccano e vanno raggiunte con l’immaginazione, con la curiosità, con la sensibilità e con il silenzio. Sono loro i nostri astronauti tellurici”.
Qual è la visione dietro a questa guida intergalattica?
P: “Ouranìa è la Musa che ti prende per mano e ti accompagna tra i suoi pianeti. Puoi passeggiare nel suo paesaggio osservandolo in modo scientifico, dopo un’ora ritrovarti con sguardo onirico. Se ti distrai, però, in un’attimo perde la O, sposta il suo accento, e può porsi tra le tue mani come un libro della storica collana di fantascienza. È una lettura soggettiva, ancor di più se si pensa che è il mash-up di quattro personalità. Un’antologia poetica che narra di spazio. Al suo ritmo narrativo, si affianca poi la nostalgia contemporanea della fotografia analogica con una pulizia grafica a tratti quasi razionale. Parlando di spazio, purtroppo, a oggi quasi l'unica azione che possiamo muovere, è l’osservare (per questo nasce l’idea di abbinare una playlist al progetto). Nulla di più privato e intimo, infatti, che viaggiare con gli occhi.
"Apri queste pagine quando vuoi chiudere gli occhi". Come è nata la componente visiva?
M: “È stato un lavoro molto spontaneo. Dopo aver letto i testi di Celeste sono entrata in un flusso molto dinamico in cui le foto nascevano un po' perché pensate, un po' perché mi si paravano davanti senza che me ne accorgessi. Il lavoro non calcolato è tra i miei preferiti perché ti sorprende sempre e porta con sé 'errori' e situazioni che poi si rivelano preziose. L'immaginario che è scaturito quando ho finito di mettere insieme tutto il materiale sorprendeva per la sua coerenza. Nella zine si possono trovare schizzi preparatori del lavoro, come vecchie foto di archivio, come immagini create ad hoc. In particolare queste ultime sono una serie di still che raccontano macro pianeti, costruiti però , in mini galassie analogiche nel mio salotto”.
In un mondo sempre più digitale, che spazio hanno le fanzine cartacee?
F: “Le fanzine sono nate in una nicchia che le ha sapute riparare persino dallo tsunami digitale: lo spazio rimane lo stesso, ciò che varia è la forma.
Un mondo sempre più digitale è un mondo sempre più stampato se concepiamo carta e schermo come alleati anziché come antagonisti.”
Andrea Dworkin