Io sono Erica Cariello e quella che stai leggendo è chissenefrega — la newsletter di cui potrebbe potenzialmente non fregarti niente.
Scrivo di attualità, psicologia, creatività, arte e libri. Qui trovi l’archivio per leggere le vecchie puntate ma puoi addirittura iscriverti e riceverla ogni sabato insieme ad altre 500 persone (grazie, grazie, grazie a chi già lo fa).
Non dite a mia madre che faccio la creativa (cit.)
Mia madre non ha mai capito veramente che lavoro faccio. A volte neanche io. E probabilmente, come Enzo Mari, direbbe che si produce il nulla, la merda con la parola creatività.
Ma senza la creatività questa newsletter non esisterebbe. E non necessariamente perché io sia una creativa, piuttosto perché, prima di me, questa piattaforma è stata creata da un team di innovatori, il computer da cui scrivo è stato sviluppato grazie ad un processo creativo, così come il divano su cui sono seduta. E ancor prima di questo è il linguaggio stesso ad essere un atto creativo.
Potremmo andare a ritroso così fino al Big Bang perché la creatività è una concetto molto più ampio e universale di quello che le persone tipicamente associano all’ambito artistico. È come un muscolo che permette di generare idee, inventarne nuove, migliorare le vecchie e combinare quelle esistenti in un nuovo modo. In altri termini, la creatività è una tipo di problem solving, una soluzione ai problemi attraverso strategie innovative. E i problemi fanno parte di tutti i settori, non solo di quello artistico.
Forse non saremo tutti artisti, ma possiamo attingere alla creatività per essere manager, avvocati, architetti e dottori migliori (tutti lavori che mia madre capirebbe meglio, tra l’altro).
Continuous learning
Passo un buon 60% del mio tempo a fare ricerca, a leggere, cercare di imparare qualcosa di nuovo. E lo ammetto, è faticoso essere sempre aggiornati. La creatività comporta la manipolazione di idee a partire da una base di conoscenze. Questo è un punto fondamentale, anche se trovare il tempo per studiare mentre si lavora non è facile. Fai diventare il Continuous Learning una priorità. Non è tempo sprecato.
“Questa è una mia idea”
L’improvvisa intuizione che gli inventori e gli artisti descrivono è l’ultimo passo di un lungo processo di pensiero che si verifica nel tempo. E che è inevitabilmente il processo di più menti. La creatività non è quasi mai il lavoro di un singolo: nessun individuo ne detiene il monopolio. Un’idea è come un puzzle. Infatti, è quando si combinano un set di diverse prospettive che siamo in grado di vedere nuove possibilità di risolvere problemi. Ecco perché la collaborazione creativa è cruciale e perché il mentorship è così importante.
Inventare è scegliere
L’ha detto Henri Poincaré, che ha definito la creatività come capacità di unire elementi preesistenti in combinazioni nuove, che siano utili, e che il criterio intuitivo per riconoscere l’utilità della combinazione nuova è “che sia bella”. Bella così come la intendono i matematici: armonica e funzionale allo scopo. Sarà per questo la maggior parte delle persone finisce per utilizzare meno della metà delle idee che gli vengono in mente oppure perché “the first draft of anything is shit”, come scriveva Ernest Hemingway. Provaci. Il peggiore scenario? Non lasci il segno ma impari qualcosa. E a proposito, qui avevo scritto di fallimento.
10 minuti di genialità
Se una pessima idea è meglio di nessuna idea, vale la pena scriverla. Le idee sono come i sogni: possono arrivare e smaterializzarsi in un attimo. Per questo vale la pena di scriverle prima che scompaiano. Bastano 10 minuti al giorno per aumentare il proprio output creativo su base quotidiana. Quando hai un’idea che ti intriga, prendine nota. Ti renderai conto di quante buone idee puoi tirare fuori nel tentativo di di buttare su carta (o device) dei momenti di insight. Il fatto di scriverla non conta quanto averla con te quando vuoi.
Per questa puntata è tutto.
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