Rieccoti su chissenefrega, la newsletter su creatività, cultura, società e digitale di cui potrebbe non fregarti niente. O forse si. Alla tastiera ci sono io, Erica Cariello, e sono felice che tu sia da queste parti.
chissenefrega oggi esce di domenica, proprio perché nella scorsa puntata ho scritto di Meccanismi di riposo.
We’re Multi-Based
Tamara ed io ci siamo conosciute anni fa al MI AMI a Milano e, da allora, abbiamo sempre mantenuto il contatto per aggiornarci sulle nostre vite geograficamente fluide. Lei, cilena e fondatrice di uno studio di design internazionale, trascorre metà dell’anno viaggiando tra i Paesi Latam e alcuni mesi in Europa. Io, milanese ibrida e freelance da remoto, negli ultimi anni ho abitato tra Milano e le Cinque Terre, spostandomi spesso non solo in Europa, ma anche in Centro e Latino America, restando in ogni luogo per qualche mese.
Ad aprile, durante un festival internazionale in Portogallo, ci siamo trovate in difficoltà a rispondere alla fatidica domanda: “Where are you based?” Le nostre risposte iniziavano sempre con un esitante “weeell” e una lunga narrazione per spiegare i nostri spostamenti. Fino a che, all’ennesima domanda, ho semplicemente risposto: “We’re Multi-Based”.
Differenze di forma
L’abitare multilocale spesso si confonde con il nomadismo digitale, mentre invece definisce l’atto di condurre la propria esistenza in diversi luoghi, soggiornando con regolarità tra due o più case abituali.
Un nomade digitale lavora da remoto, si sposta frequentemente senza una base stabile, cambia città o Paese ogni poche settimane o mesi, portandosi dietro lavoro e tecnologia, alla ricerca di flessibilità e libertà totale.
Una persona multi-basata, invece, ha più basi fisse tra cui si muove regolarmente, senza vivere in continuo movimento. Mantiene una certa stabilità, con oggetti, vita locale, relazioni e comunità in ciascun luogo, bilanciando mobilità e radicamento. Non si è mai “in viaggio” continuo, ma si vive stabilmente in diversi luoghi: un’esperienza che si pone a metà strada tra la mobilità quotidiana e le migrazioni.
La multilocalità non è nemmeno sinonimo di plurilocalità che suppone invece un legame più debole con i luoghi che si attraversano, come per i ‘pendolari’ che approdano in un luogo solo per fini specifici, facendo puntualmente ritorno nell’unico luogo che definiscono casa.
È un fenomeno di cui sto parlando di recente con amici e colleghi ma è una pratica antica riscoperta con la remotizzazione di studi e lavori, ed è riflesso, più generale, della frammentazione di tempi e spazi di vita, di insicurezza, instabilità e la strutturale scarsità di risorse (vedi alla voce: grave carenza abitativa globale).
È un po’ l’evoluzione moderna del sogno anni ’80 di possedere più case (nulla grida benessere quando una casa in città, una al mare, una in montagna e, per esagerare, una all’estero). La differenza sta nel non possederne nessuna: si affitta, si scambia, si condivide. A differenza del tema delle seconde case, che si riferisce solo ad una relazione di consumo e di scarso radicamento, l’abitare multilocale implica appartenere e partecipare alla vita sociale del luogo, con relazioni abituali, significative e coinvolgenti.
Siamo (tutti) i luoghi che abitiamo
Quello dell’abitare multilocale mi ha riportato alla mente il concetto di Place Identity introdotto dallo psicologo ambientale Harold Proshansky, secondo cui l’identità di una persona è legata ai luoghi che abita o frequenta. Questo legame si forma attraverso ricordi, sentimenti e valori associati agli ambienti fisici, e determina un senso di appartenenza e continuità personale.
Ne ho letto nell’articolo Sei il quartiere che abiti, in cui Nicola Cosentino racconta il passaggio da un quartiere all’altro a Milano e riflette su quanto il nostro quartiere finisca per diventare parte di noi. E che trasferirsi in un altra zona non è solo una questione logistica, ma anche emotiva: bisogna reinventarsi, ricostruire relazioni, ritrovare punti di riferimento. I “vecchi” quartieri restano dentro di noi come ex-amori: non scompaiono del tutto, ma continuano a costruire chi siamo. Lo ha riassunto benissimo così: “Ci sono città, paesi, marciapiedi, perfino edifici che ci restituiscono un senso di appartenenza (reciproco) anche in assenza di legami formali, e queste città, questi paesi, questi marciapiedi si sovrappongono col tempo nella nostra identità, rendendo sempre più difficile rispondere alla domanda: ‘Di dove sei?’.”
Dov’è casa?
Ho aggiornato Tamara che sono tornata da poco a vivere a Milano e certe volte mi fa quasi paura dire che vivo in un posto solo, perché sento che una solo luogo non mi basta.
Su questo stile di vita mi faccio spesso molte domande, oltre a riceverne parecchie dato che a molti sembro sempre in vacanza solo perché sono spesso in spostamento.
Mi è complicato spiegare che, in realtà, ‘essere multi-based’ è un’operazione delicata da tenere in piedi con magistrale autocontrollo: gli spostamenti, le call da remoto, gli appuntamenti strategici (specialmente le visite mediche), calendarizzare anche e soprattutto la vita sociale, far quadrare tutto in un conto economico sostenibile, sentirsi stanchi, a volte disorientanti, e al contempo invasi da energia sempre nuova; mettere radici mai troppo profonde, avere un certo timore della noia e una lieve tendenza al controllo, domandarsi spesso dov’è davvero casa, ma soprattutto avere la magistrale capacità di cambiare registro ma mai identità.
Se hai una storia come questa, mi piacerebbe leggerla. Puoi scrivermi la tua in risposta a questa email. E se vuoi dire la tua su questo argomento, puoi farlo nei commenti. È sempre bello vedere che dall’altra parte della casella di posta c’è qualcuno.
{ te ne frega? }
ho letto: Lo sbilico, di Alcide Pierantozzi (Einaudi)
sto leggendo: Sull’eguglianza di tutte le cose, di Carlo Rovelli (Adeplhi)
{ archivio }
ALLA TASTIERA
Io sono Erica Cariello, Creative Strategist & Copywriter indipendente (multi)basata tra Milano e spesso altrove. Lavoro all’intersezione tra strategia, creatività, relazioni e cambiamento positivo. Compro molti più libri di quelli che riesco a leggere. Mi divido tra digitale e natura, schermi e carta stampata. Sono sempre alla ricerca di idee e risorse per guidare la creatività. chissenefrega è il mio spazio per condividerne una parte.
Se vuoi scrivermi, puoi farlo su LinkedIn o via email. E se vuoi dare un’occhiata ai miei lavori, puoi sbirciare il mio portfolio.




Mi ritrovo molto in questa storia. Mi divido stabilmente tra due città molto diverse, e sono nata e crescita in una terza. Le case delle due città sono a loro volta molto diverse, e così anche le vite che ci conduco. A volte penso che vivrei solo nella seconda delle due città, ora che nella prima, che ho sempre molto amato, faccio più fatica. Ma mi resta il sospetto che l'amore o l'odio per un luogo siamo in realtà l'amore o l'odio per qualcosa di noi, quindi preferisco lasciare la porta aperta che questo eterno andare e tornare mi garantisce.
Che riflessione interessante! Mi rendo conto di essere anche io una persona multi-basata, ma di non aver mai avuto un termine finora per definire tutto ciò. Ho sempre spiegato di "spostarmi durante l'anno tra diverse basi", senza venire mai completamente compresa. In un ballo perenne tra culture e relazioni diverse, tutte così familiari, tutte così nostalgiche quando lontane, tutte così importanti per assecondare diverse parti della propria personalità, tutte così utili a costruire i mattoncini della propria personalità. Così mi viene da definire questa vita :D