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Hey! Ben tornato su Chissenefrega: la newsletter su creatività, digitale e cultural insights di cui potrebbe potenzialmente non fregarti niente.
Benvenuti a tutti i nuovi iscritti! Se sei atterratә qui da poco, io sono Erica Cariello e lavoro sono una Creative Strategist e Copywriter indipendente.
Se sei un creativo, un imprenditoro o se lavori nel mondo della comunicazione, questa newsletter è fatta per te. Oltre agli aggiornamenti sulle ultime campagne pubblicitarie e progetti digitali e non, condividerò alcuni spunti per migliorare il pensiero creativo.
→ Anche se sei appena arrivato, sei invitato anche tu all’aperitivo di Chissenefrega, venerdì 7 ottobre dalle 18:30 da BASE Milano, insieme a me e ad altre personcine simpatiche. Ci conosciamo, chiacchieriamo e ci beviamo una birretta. Rispondi a questa email se vuoi partecipare!
via The Creative Indipendent
Settembre è il mese in spingo l’acceleratore a tavoletta per scollinare quel 30% dell’anno che resta. Per non sbagliare ho deciso in quale parte del mondo nascondermi per una lunga vacanza di fine anno e sto già pregustando il lunghissimo momento di digital detox che mi attende. Ultimamente però ho talmente tante idee per la testa che non me ne viene in mente nemmeno una. Succede anche a te? Non è da considerare come un vero e proprio burnout — come avevo raccontato in questa puntata dedicata a cosa succede quando la creatività evapora — ma un momento in cui, semplicemente, il rubinetto delle idee si sta lentamente chiudendo. Ed è completamente normale, nonostante qualunque creativo si aspetti continuamente quelli che potremmo definire “eureka moments”.
Un momento eureka è quella magica epifania in cui la soluzione a un problema sembra apparire dal nulla. Così, de botto, senza senso. Con improvvisa chiarezza che si prova nel risolvere un enigma o nel comprendere finalmente un concetto precedentemente insondabile. La soluzione ad un brief che non vuole arrivare, la continuazione di una storia che non riusciamo a scrivere, il punto di contatto tra due concetti che sfuma. Quella cosa a cui continui a pensare per giorni e poi, solitamente mentre non ci stai più pensando, si rivela. Un momento di intuizione purissima.
Ci sono diverse teorie scientifiche e psicologiche su come e perché si verificano. Gli scienziati hanno scoperto che i segnali di memoria e il sonno possono facilitare i momenti eureka. E molti ricercatori sono d’accordo sul fatto che sia necessario un periodo di incubazione prima che possano effettivamente verificarsi.
Il periodo di incubazione è il lasso di tempo prima che di trovare la soluzione, durante si smette di pensare al problema. Non a caso, questo studio ha rilevato che è più probabile che le idee creative arrivino quando la mente è libera di vagare.
Le circostanze per il periodo di incubazione possono essere ricreate, grazie all’ambiente necessario, per incoraggiare il cervello ad entrare in un periodo di elaborazione inconscia, aumentando le tue possibilità di trovare improvvisamente le soluzioni che in precedenza non erano nemmeno in considerazione. Te le riassumo qui.
Solitudine. I momenti eureka si verificano spesso senza la distrazione degli altri. Solitudine non significa diventare eremiti su una montagna ma fare delle attività, meglio ancora se nella natura, piena di stimoli sottili e accattivanti che innescano quel tipo di attenzione che concede una pausa ai nostri cervelli appesantiti. [Perché stare vicino all’acqua migliora la salute mentale]
Zoom out. Per incrementare la possibilità che nascano nuove idee, durante i momenti di solitudine è meglio evitare l’information binging — cercare disperatamente in podcast, radio o in generale i social o input che impegnano la mente, anziché svuotarla. Più cerchi e meno trovi.
L’idea nel cassetto. Quando fai fatica a lasciar andare il controllo delle tue idee, i processi creativi all'interno del cervello possono rimanere bloccati. Lasciala lì a fermentare per alcuni giorni o anche per alcune settimane. Quando riaprirai il cassetto potrai vederla sotto una nuova luce. Al massimo, lo richiudi.
Meno e meglio. La teoria della quiete creativa è quella che i maestri taoisti chiamano “wu wei”: un’azione basata non su uno sforzo ambizioso e risoluto, ma soltanto sull’essere. Invece di focalizzarsi su un problema o un obiettivo fisso, si cerca di sentire in quale direzione vanno le cose e il modo migliore in cui ci si può inserire. La strategia è concentrarsi sul processo piuttosto che sul risultato, per realizzare di più e con meno sforzo.
Trova la tua sadhana creativa. Allo stesso modo credo che come nella pratica spirituale quotidiana, anche la ricerca in ambito creativo è soggetta ad una disciplinata pratica personale. L’obiettivo è riconnettersi ad una sorgente più profonda, subconscia, e non disciplinata dall’ego — quello che ci illude di saper o non saper fare. Per approfondire leggi questa puntata ↗
Fai un pisolino. Il sonno è pensato per consolidare i ricordi recenti. Il sonno può essere un momento in cui il cervello può elaborare inconsciamente eventi precedenti per costruire potenziali scenari futuri. In sostanza, i ricordi possono essere ristrutturati quando dormiamo. Si ipotizza che questo processo possa aiutarci a prepararci per possibili eventi imminenti e riassemblare i pensieri in un modo nuovo.
Prendi nota. Se una pessima idea è meglio di nessuna idea, vale la pena scriverla. Le idee sono come i sogni: possono arrivare e smaterializzarsi in un attimo. Per questo vale la pena di scriverle prima che scompaiano. Ti renderai conto di quante buone idee puoi tirare fuori nel tentativo di di buttare su carta (o device) dei momenti di insight.
“Peggy, just think about it. Deeply. Then forget it. And an idea will jump up in your face.” — Don Draper